Centri commerciali, assicurazioni, diritti d'autore e flauti andini!

Apro la mia bella Partita Iva.

Detto così, su una riga sola , sembra nulla di notabile. Dietro c’è un impresa tipo ottenere il lasciapassare A38 delle 12 fatiche di Asterix. Ma questa è un’altra storia.

Decido che, visto che non ho un negozio, visto che sono il più sconosciuto tra gli sconosciuti e visto che l’ho letto sul manuale del giovane matrimonialista, di noleggiare x una settimana uno spazio espositivo all interno di un centro commerciale.

Contatto la direzione della galleria, mi fanno due domande di circostanza  e firmo il contratto. Sullo stesso sono riportate tutte le condizioni del caso.

Bene, comincio dall’assicurazione. Il contratto recita chiaramente che la concessionaria (che anche se non vendo auto sono io) si impegna a stipulare polizza di assicurazione per i rischi di incendio e R.C. ricorso vicini in cui si ritiene esplicitamente indenne la Concedente da qualsiasi responsabilità per danni.

E poi testualmente: “La polizza dovrà contenere espressamente la rinuncia dell’assicuratore alla rivalsa verso la Concedente, i singoli operatori del centro commerciale…”.

E io con la dose di ingenuità che mi contraddistingue e visto che di una R.C. ho comunque bisogno, chiamo il primo assicuratore che mi dice subito che una polizza così non si può fare, non esiste.
Lo liquido subito come un cialtrone. Sempre dotato della suddetta dose.

“Non sei l’unico ragazzo!” urlo dentro la mia testa. “Non vuoi vendere? Non voglio compare!” Ecco ha perso un cliente ciapà su, penso.

Però al quinto assicuratore e alla quinta risposta identica alla prima, il dubbio mi sorge.

Ora, potrei essere il primo in Italia che chiede di esporre in un centro commerciale e allora vabbè, potrei aver colto impreparato il sistema assicurativo nazionale. Siccome vedo abitualmente gente che vende materassi, automobili, oggetti in silicone per la cucina, flauti andini e triccheballacche, dopo attenta valutazione, bollo tale ipotesi come poco plausibile.

Mi chiedo dunque cosa facciano quelli del flauto: la pagano l’assicurazione? C’hanno un assicuratore compiacente? corrompono un funzionario del centro commerciale? Hanno lo sciamano in sede che si occupa di risolvere stragiudizialmente?

Marta mi dice: “Ma va, chiedo io alla mia assicurazione”

Mi fanno un preventivo per una settimana di assicurazione che è tre volte quello che pago in un anno di RC+Furto e incendio per la mia auto.
E non mi mettono dentro manco la polizza cristalli.

Vabbè, trovo una soluzione con l’aiuto (come al solito preziosissimo) dell’Associazione Nazionale Fotografi Professionisti ma capisco che anche lì che ci sono delle difficoltà.
“Non è un prodotto da banco”, “Devo vedere se me l’approvano”, “Vediamo” , “Ti faccio sapere”.

Succo della vicenda alla fine porto a casa la mia bella polizza annuale, senza indicazioni esplicite. E’ il meglio che sono riuscito a fare e capisco ancora una volta che nel paese delle approssimazioni, cerchiamo de volerse bbene.

La storia potrebbe finire qui. Ma carichiamo la trama con altre due storie parallele tipo in CSI quando ci sono due o tre casi a puntata.

Vorrei portarmi un monitor per far girare qualche filmino fatto con le mie foto e sparargli sotto una bella musichetta che attiri l’attenzione.

Stolto tra gli stolti, chiamo la SIAE (lo so che qualcuno sta già ridendo)
Risponde un gentile incaricato al quale spiego la fazenda.
Naturalmente (naturalmente!) una cosa così non gliel’ha mai chiesta nessuno! (e beh…)
E allora comincia a sfogliare un manualetto con tutta la casistica: associazione culturale, a sfondo artistico, senza raccolta di fondi, per la vendita…
Alla fine un po’ scoraggiato pure lui (un po’ di compagnia non fa mai male) mi dice che quello che assomiglia di più e sto 43bis esposizione blabla di citarlo quando vado lì a pagare 43€.

Dedico di lasciare a casa casse e canzoncine di sottofondo.

Altro punto del contratto recita: “…imposte pubblicitarie secondo le tariffe…”

Ora, magari a uno scafato, del mestiere ste cose suonano come banalità. Uno che arriva giù dal monte con la piena come me potrebbe però chiedersi qual’è l’iter da seguire supponendo che questo iter vi sia.

Bene, non lo sapevo, scopro che le tasse per la pubblicità vanno pagate al comune e che le tariffe sono definite dal comune stesso.
Chiamo in comune! Beh, cosa mi risponda l’impiegata responsabile che mi viene passata dopo tre salti di interno ormai lo sapete da voi.
E’ sinceramente dispiaciuta di non sapermi aiutare però mi dirotta verso la società che si occupa della riscossione delle tasse pubblicitarie.
Bene, chiamo ed espongo e poi rispondo all’unisono col tipo dall’altra parte: “Guardi non ci è mai capitato”.
Senza troppa sicumera, il tipo mi dice che “secondo lui” non c’è nulla da pagare . Mi segno numero di telefono e nome dell’impiegato, sperando che non venga licenziato da lì alla data dell’esposizione.

Il tutto per un banchettino così:

NB per l’incaricato SIAE: non ci sono casse sul tavolo, vedi?

La morale della fazenda qual’è?

Eh, purtroppo di morale non ce n’è.

Funziona così? Va bene prendo atto. Prendano atto le istituzioni che c’è un babbazzo in giro che ne ha preso atto a 40 anni, farà fatica a digerirlo, la prossima voltà rifarà lo stesso iter se non altro e molto codardamente per avere la coscienza pulita.

Prenda atto il centro commerciale che quelli col flauto andino secondo me non sono in regola con l’RC!!!

Parte inutile e noiosa ai più: Riscontro commerciale dell’iniziativa: ZERO.
Addirittura una coppia che è venuta in studio, era passata di lì si era fermata a sfogliare gli album ma non si ricordava di me e mi ha contattato grazie al passaparola.

Riscontro dal punto di vista “istituzionale”: discreto, nel senso che comunque, a livello locale almeno il nome è girato un po’ e alla successiva fiera qualcuno aveva già sentito parlare di me (male naturalmente) perfetto sconosciuto!

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